Le lavoratrici domestiche testimoni silenziose del collasso del Libano

Un aereo in arrivo da Beirut sta per atterrare sulla pista dell’aeroporto internazionale di Yaoundé-Nsimalen. A bordo circa cinquanta donne di ogni età intonano l’inno nazionale camerunese mentre piangono a dirotto. Stanno tornando a casa dopo mesi passati a lottare per sfuggire al pantano libanese, vittime collaterali di un paese in fase terminale.

Un aereo in arrivo da Beirut sta per atterrare sulla pista dell’aeroporto internazionale di Yaoundé-Nsimalen. A bordo circa cinquanta donne di ogni età intonano l’inno nazionale camerunese mentre piangono a dirotto. Stanno tornando a casa dopo mesi passati a lottare per sfuggire al pantano libanese, vittime collaterali di un paese in fase terminale.

Passata l’euforia della thawra (la rivoluzione, termine con cui si indicano le proteste contro il governo cominciate nell’ottobre del 2019), il Libano sta sprofondando in una grave crisi economica che scuote l’intero sistema. I più vulnerabili, già precari, sono a rischio e non hanno nessuno a cui rivolgersi. Migliaia di lavoratrici domestiche sono buttate per strada dai loro datori di lavoro che non possono più permettersi di pagarle. Questa manodopera retribuita in dollari (circa il 75 per cento delle famiglie libanesi paga le dipendenti non più di 300 dollari al mese, secondo Kafa, un’ong per i diritti delle donne) è considerata ormai un lusso.

Italian | December 31, 2020

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